BASTA CON I LAMENTI!
di Greg Martin
Un flusso incessante di energia vitale è quello che determina l'equilibrio nella vita dinamico - e non statico - di cui parla il Buddismo. Rompere le barriere dei lamenti può essere il primo passo per riconoscere e apprezzare le immense potenzialità della vita.
Una pozza stagnante è in un certo senso in equilibrio statico, ma un simile specchio d'acqua diventa la dimora di insetti, malattie e putrefazione e ovviamente è tutt'altro che adatto a simboleggiare l'equilibrio dinamico che il Buddismo ricerca. Il Buddismo non ci esorta semplicemente a sviluppare una fede come l'acqua ma piuttosto una fede come l'acqua "che scorre".
Il vigoroso flusso di un fiume o di un torrente evoca l'immagine di acque pure e cristalline che alimentano il palpito della vita. Anche questo è equilibrio ma non è statico né stagnante. Per spingere oltre questa analogia pensiamo al potente flusso del fiume Colorado che erompe dal Gran Canyon. Una condizione vitale di questa potenza è senz'altro in grado di erodere anche il più ostinato degli impedimenti karmici. La Diga di Hoover imbriglia la potenza del Colorado: le sue turbine lo controllano per soddisfare i bisogni energetici di milioni di persone. Anche il Lago Mead, formato dalla diga, è in una condizione di equilibrio e la sua superficie non appare molto diversa da quella della nostra pozza stagnante eppure nel lago confluisce e defluisce continuamente il possente Colorado facendo sì che l'acqua si purifichi, mentre le turbine generano un'incredibile quantità di energia. Ragionare in termini di flusso, capacità e potere di generare energia può essere un buon modo di intendere l'equilibrio che cerchiamo di instaurare nella nostra vita.
«Se ci abbandoniamo all'indolenza mentale e spirituale - scrive il presidente della SGI Daisaku Ikeda nella sua Proposta di pace 2002 - scopriremo che la nostra condizione vitale sarà preda dell'energia negativa e distruttiva che caratterizza i mondi di Inferno, Avidità, Animalità e Collera. Per contro, l'incessante sforzo di rafforzare la mente e la volontà fa emergere l'energia positiva e piena di compassione dei mondi di Bodhisattva e Buddità. Quando la vita viene lucidata rivela il suo innato splendore e quando viene trascurata, diventa rapidamente sporca e opaca.
«È essenziale mantenere questa consapevolezza durante la battaglia interiore per risvegliare le forze del bene presenti dentro di noi. Questo incessante sforzo di lucidare la nostra vita ci dà l'energia per evitare il ristagno, cioè la tendenza a considerare la condizione presente come fissa e e immutabile. A quel punto possiamo esercitare la padronanza di sé che occorre per rispondere in maniera creativa ai problemi e alle opportunità peculiari di ciascun momento. È alimentando e acquisendo quest'abitudine alla lotta che le energie più positive e creative si stabilizzano come tendenza fondamentale della nostra vita, come base per le nostre attività vitali».
La lamentela esaurisce l'energia
Uno dei modi più sicuri per ostacolare il flusso dell'energia creativa è soccombere alla tendenza a lamentarsi. Un atteggiamento privo di apprezzamento e pieno di amarezza difficilmente contribuisce a creare un'esistenza equilibrata e creativa. Tempo fa incontrai un caro amico e compagno di fede che non vedevo da diverso tempo e vidi che indossava un distintivo con la scritta: «Basta lamentarsi!». Pensai che fosse una nobile intenzione e glielo comunicai. Mi rispose che vivere in quel modo era assai più difficile di quanto pensasse quando si era fatto fare la spilla. Anzi, a dire la verità, aggiunse, smettere di lamentarsi era in assoluto la cosa più difficile che avesse mai cercato di fare.
Per contro lamentarsi è la cosa più facile che ci sia. Non occorrono conoscenze astronomiche per trovare i difetti degli altri. Non ci vuole niente. Invece trovarne gli aspetti positivi è molto più difficile. Passare sopra ai difetti degli altri, apprezzarne le caratteristiche peculiari e lavorare insieme a loro per qualche scopo superiore è un'impresa estremamente ardua.
A parte le nobili motivazioni per le quali si dovrebbe resistere all'irrefrenabile impulso di lamentarsi, c'è una ragione assai più personale e pratica per farlo: impedire l'inutile sperpero della nostra buona fortuna.
Scrive Nichiren Daishonin ne I tre tipi di tesori: «Non andare in giro a lamentarti con altri di quanto ti sia difficile vivere in questo mondo. Un simile comportamento è del tutto sconveniente per un uomo saggio» (SND, 4, 177).
Il presidente Ikeda commenta così questa frase: «Se praticate con un atteggiamento lamentoso distruggete la vostra buona fortuna in maniera direttamente proporzionale a quanto vi lamentate. Le persone che hanno sempre da lamentarsi non sono rispettate dagli altri. È un comportamento che sia dal punto di vista secolare che dal punto di vista buddista, non si confà a una persona saggia e di valore». E dice anche: «Nel momento in cui cominciate a brontolare, a lamentarvi o a nutrire sentimenti negativi nei confronti dei vostri compagni di fede, decurtate immediatamente una porzione sostanziosa della buona fortuna che avete lavorato tanto per accumulare. Perciò, dal momento che state praticando, vi conviene molto di più farlo volentieri, con gioia e con senso di gratitudine».
Il mio amico ha portato la sua spilla per un anno. Poi l'ha levata perché non lamentarsi mai era veramente impossibile. Mi ha detto che non solo quello era stato l'anno più difficile della sua vita ma era stato anche il più produttivo rispetto al rafforzare le sue relazioni umane e ad aumentare il suo livello di benessere.
Adesso piuttosto che lavorare sull'eliminare il lamento sta cercando di far spazio a un maggiore senso di apprezzamento nella sua vita. Sia lui che io abbiamo scoperto che sforzarsi attivamente di apprezzare gli altri e fare volentieri le cose che facciamo genera un sacco di energia.
Trovare l'equilibrio
Nel marzo scorso ho partecipato a una riunione di domande e risposte con il capo del Dipartimento di studio della Soka Gakkai, Masaaki Morinaka, e uno dei partecipanti ha chiesto proprio come si può trovare il giusto equilibrio nella vita. Disse che lo desiderava davvero ma trovava difficile raggiungere tale equilibrio in mezzo alle difficili circostanze quotidiane dalle quali spesso si sentiva sopraffatto. Aveva l'impressione che il suo lavoro e le sue responsabilità familiari avessero la precedenza rispetto alla attività della SGI. Sua moglie non praticava il Buddismo e lui si sentiva spesso colpevole di non dedicare abbastanza tempo alla famiglia oppure all'attività.
Le ventiquattro ore quotidiane sono dense di vari impegni, tutti importanti dal punto di vista del Buddismo, che spesso sono semplicemente più del tempo che abbiamo a disposizione per svolgerli. Come si fa a trovare un equilibrio in mezzo a questa molteplicità di ruoli?
Sappiamo però anche che fede e lavoro non sono separati; occorre saggezza per trovare un equilibrio. Impegnarsi per kosen-rufu implica sforzarci al massimo in ogni area della nostra vita.
La sensazione di essere pressati deriva dal pensare che ci venga chiesto di sacrificare qualche aspetto della nostra vita a beneficio del Buddismo. Ma è un'idea sbagliata. Non ci viene chiesto di sacrificare proprio niente, sarebbe in totale contraddizione con il principio che "fede è uguale a vita quotidiana". Piuttosto l'impegno è nell'elevare la qualità della nostra vita, indipendentemente da dove impieghiamo il nostro tempo. Il nucleo fondamentale del nostro intento dovrebbe essere quello di mettere tutti noi stessi in ogni area della nostra vita.
Anche se tutti i membri della nostra famiglia praticassero, dovremmo forse trascurarli per partecipare soltanto alle attività per kosen-rufu? No, la fede significa dimostrare una prova concreta in ogni aspetto della nostra vita. L'aspetto più profondo della questione in realtà è la nostra mancanza di fiducia nel fatto che possiamo riuscire davvero a fare tutto. Il lamento sorge da questa sfiducia nella nostra capacità di vincere in ogni aspetto della nostra vita, dal non comprendere che le nostre vite sono dotate di capacità nobili, elevate e illimitate. Il lamento è il sintomo della mancanza di fede nelle nostre capacità. E l'antidoto a una vita avvelenata dal lamento è la preghiera buddista determinata a espandere tali capacità per fare tutto, e farlo bene.
I sentimenti amari davanti alle sfide della vita dovrebbero essere considerati un segnale della necessità di concentrare la fede e la pratica sul risveglio e l'espansione delle nostre reali capacità. La chiave è usare la fede in ogni aspetto della nostra vita, cosicché la nostra capacità si amplierà per riuscire a far fronte a ogni necessità e permetterci di investire il nostro pieno potenziale in ogni area. Non è questione di decidere quali siano le priorità.
Occorre tempo e sforzo per sviluppare la magnifica condizione vitale nella quale riusciamo a dedicarci completamente a ogni aspetto della nostra vita. Ma attraverso la nostra rivoluzione umana espandiamo la nostra vita per diventare assolutamente felici. Ciò significa generare l'energia necessaria a fare tutte le cose che dobbiamo fare aumentando la nostra capacità, i nostri kilowatt di "potere del Budda". Si tratta di un tipo di equilibrio diverso, molto più dinamico.
«La fede si manifesta nella vita quotidiana - afferma ancora Ikeda - ed essa a sua volta è il palcoscenico sul quale dimostriamo la prova della fede. La vera vittoria, la vera felicità umana si conseguono con i nostri assidui, determinati e costanti sforzi quotidiani. Il corso della nostra vita, come quello del sole, può apparire monotono e abitudinario ma non c'è niente di più profondo delle nostre attività quotidiane. Ottenere una brillante vittoria nella nostra vita di tutti i giorni: questo è l'unico e vero significato di "vittoria nella fede"».
Una volta che abbiamo deciso di espandere la nostra capacità attraverso la rivoluzione umana e di conseguenza aumentare il nostro "potere di generare energia" scopriremo che "equilibrio" è solo un altro nome per "opportunità", l'opportunità di alimentare un flusso sempre maggiore di prova concreta e di felicità che scorre nella nostra esistenza quotidiana.
tratto da Living Buddhism
di Greg Martin
Un flusso incessante di energia vitale è quello che determina l'equilibrio nella vita dinamico - e non statico - di cui parla il Buddismo. Rompere le barriere dei lamenti può essere il primo passo per riconoscere e apprezzare le immense potenzialità della vita.
Una pozza stagnante è in un certo senso in equilibrio statico, ma un simile specchio d'acqua diventa la dimora di insetti, malattie e putrefazione e ovviamente è tutt'altro che adatto a simboleggiare l'equilibrio dinamico che il Buddismo ricerca. Il Buddismo non ci esorta semplicemente a sviluppare una fede come l'acqua ma piuttosto una fede come l'acqua "che scorre".
Il vigoroso flusso di un fiume o di un torrente evoca l'immagine di acque pure e cristalline che alimentano il palpito della vita. Anche questo è equilibrio ma non è statico né stagnante. Per spingere oltre questa analogia pensiamo al potente flusso del fiume Colorado che erompe dal Gran Canyon. Una condizione vitale di questa potenza è senz'altro in grado di erodere anche il più ostinato degli impedimenti karmici. La Diga di Hoover imbriglia la potenza del Colorado: le sue turbine lo controllano per soddisfare i bisogni energetici di milioni di persone. Anche il Lago Mead, formato dalla diga, è in una condizione di equilibrio e la sua superficie non appare molto diversa da quella della nostra pozza stagnante eppure nel lago confluisce e defluisce continuamente il possente Colorado facendo sì che l'acqua si purifichi, mentre le turbine generano un'incredibile quantità di energia. Ragionare in termini di flusso, capacità e potere di generare energia può essere un buon modo di intendere l'equilibrio che cerchiamo di instaurare nella nostra vita.
«Se ci abbandoniamo all'indolenza mentale e spirituale - scrive il presidente della SGI Daisaku Ikeda nella sua Proposta di pace 2002 - scopriremo che la nostra condizione vitale sarà preda dell'energia negativa e distruttiva che caratterizza i mondi di Inferno, Avidità, Animalità e Collera. Per contro, l'incessante sforzo di rafforzare la mente e la volontà fa emergere l'energia positiva e piena di compassione dei mondi di Bodhisattva e Buddità. Quando la vita viene lucidata rivela il suo innato splendore e quando viene trascurata, diventa rapidamente sporca e opaca.
«È essenziale mantenere questa consapevolezza durante la battaglia interiore per risvegliare le forze del bene presenti dentro di noi. Questo incessante sforzo di lucidare la nostra vita ci dà l'energia per evitare il ristagno, cioè la tendenza a considerare la condizione presente come fissa e e immutabile. A quel punto possiamo esercitare la padronanza di sé che occorre per rispondere in maniera creativa ai problemi e alle opportunità peculiari di ciascun momento. È alimentando e acquisendo quest'abitudine alla lotta che le energie più positive e creative si stabilizzano come tendenza fondamentale della nostra vita, come base per le nostre attività vitali».
La lamentela esaurisce l'energia
Uno dei modi più sicuri per ostacolare il flusso dell'energia creativa è soccombere alla tendenza a lamentarsi. Un atteggiamento privo di apprezzamento e pieno di amarezza difficilmente contribuisce a creare un'esistenza equilibrata e creativa. Tempo fa incontrai un caro amico e compagno di fede che non vedevo da diverso tempo e vidi che indossava un distintivo con la scritta: «Basta lamentarsi!». Pensai che fosse una nobile intenzione e glielo comunicai. Mi rispose che vivere in quel modo era assai più difficile di quanto pensasse quando si era fatto fare la spilla. Anzi, a dire la verità, aggiunse, smettere di lamentarsi era in assoluto la cosa più difficile che avesse mai cercato di fare.
Per contro lamentarsi è la cosa più facile che ci sia. Non occorrono conoscenze astronomiche per trovare i difetti degli altri. Non ci vuole niente. Invece trovarne gli aspetti positivi è molto più difficile. Passare sopra ai difetti degli altri, apprezzarne le caratteristiche peculiari e lavorare insieme a loro per qualche scopo superiore è un'impresa estremamente ardua.
A parte le nobili motivazioni per le quali si dovrebbe resistere all'irrefrenabile impulso di lamentarsi, c'è una ragione assai più personale e pratica per farlo: impedire l'inutile sperpero della nostra buona fortuna.
Scrive Nichiren Daishonin ne I tre tipi di tesori: «Non andare in giro a lamentarti con altri di quanto ti sia difficile vivere in questo mondo. Un simile comportamento è del tutto sconveniente per un uomo saggio» (SND, 4, 177).
Il presidente Ikeda commenta così questa frase: «Se praticate con un atteggiamento lamentoso distruggete la vostra buona fortuna in maniera direttamente proporzionale a quanto vi lamentate. Le persone che hanno sempre da lamentarsi non sono rispettate dagli altri. È un comportamento che sia dal punto di vista secolare che dal punto di vista buddista, non si confà a una persona saggia e di valore». E dice anche: «Nel momento in cui cominciate a brontolare, a lamentarvi o a nutrire sentimenti negativi nei confronti dei vostri compagni di fede, decurtate immediatamente una porzione sostanziosa della buona fortuna che avete lavorato tanto per accumulare. Perciò, dal momento che state praticando, vi conviene molto di più farlo volentieri, con gioia e con senso di gratitudine».
Il mio amico ha portato la sua spilla per un anno. Poi l'ha levata perché non lamentarsi mai era veramente impossibile. Mi ha detto che non solo quello era stato l'anno più difficile della sua vita ma era stato anche il più produttivo rispetto al rafforzare le sue relazioni umane e ad aumentare il suo livello di benessere.
Adesso piuttosto che lavorare sull'eliminare il lamento sta cercando di far spazio a un maggiore senso di apprezzamento nella sua vita. Sia lui che io abbiamo scoperto che sforzarsi attivamente di apprezzare gli altri e fare volentieri le cose che facciamo genera un sacco di energia.
Trovare l'equilibrio
Nel marzo scorso ho partecipato a una riunione di domande e risposte con il capo del Dipartimento di studio della Soka Gakkai, Masaaki Morinaka, e uno dei partecipanti ha chiesto proprio come si può trovare il giusto equilibrio nella vita. Disse che lo desiderava davvero ma trovava difficile raggiungere tale equilibrio in mezzo alle difficili circostanze quotidiane dalle quali spesso si sentiva sopraffatto. Aveva l'impressione che il suo lavoro e le sue responsabilità familiari avessero la precedenza rispetto alla attività della SGI. Sua moglie non praticava il Buddismo e lui si sentiva spesso colpevole di non dedicare abbastanza tempo alla famiglia oppure all'attività.
Le ventiquattro ore quotidiane sono dense di vari impegni, tutti importanti dal punto di vista del Buddismo, che spesso sono semplicemente più del tempo che abbiamo a disposizione per svolgerli. Come si fa a trovare un equilibrio in mezzo a questa molteplicità di ruoli?
Sappiamo però anche che fede e lavoro non sono separati; occorre saggezza per trovare un equilibrio. Impegnarsi per kosen-rufu implica sforzarci al massimo in ogni area della nostra vita.
La sensazione di essere pressati deriva dal pensare che ci venga chiesto di sacrificare qualche aspetto della nostra vita a beneficio del Buddismo. Ma è un'idea sbagliata. Non ci viene chiesto di sacrificare proprio niente, sarebbe in totale contraddizione con il principio che "fede è uguale a vita quotidiana". Piuttosto l'impegno è nell'elevare la qualità della nostra vita, indipendentemente da dove impieghiamo il nostro tempo. Il nucleo fondamentale del nostro intento dovrebbe essere quello di mettere tutti noi stessi in ogni area della nostra vita.
Anche se tutti i membri della nostra famiglia praticassero, dovremmo forse trascurarli per partecipare soltanto alle attività per kosen-rufu? No, la fede significa dimostrare una prova concreta in ogni aspetto della nostra vita. L'aspetto più profondo della questione in realtà è la nostra mancanza di fiducia nel fatto che possiamo riuscire davvero a fare tutto. Il lamento sorge da questa sfiducia nella nostra capacità di vincere in ogni aspetto della nostra vita, dal non comprendere che le nostre vite sono dotate di capacità nobili, elevate e illimitate. Il lamento è il sintomo della mancanza di fede nelle nostre capacità. E l'antidoto a una vita avvelenata dal lamento è la preghiera buddista determinata a espandere tali capacità per fare tutto, e farlo bene.
I sentimenti amari davanti alle sfide della vita dovrebbero essere considerati un segnale della necessità di concentrare la fede e la pratica sul risveglio e l'espansione delle nostre reali capacità. La chiave è usare la fede in ogni aspetto della nostra vita, cosicché la nostra capacità si amplierà per riuscire a far fronte a ogni necessità e permetterci di investire il nostro pieno potenziale in ogni area. Non è questione di decidere quali siano le priorità.
Occorre tempo e sforzo per sviluppare la magnifica condizione vitale nella quale riusciamo a dedicarci completamente a ogni aspetto della nostra vita. Ma attraverso la nostra rivoluzione umana espandiamo la nostra vita per diventare assolutamente felici. Ciò significa generare l'energia necessaria a fare tutte le cose che dobbiamo fare aumentando la nostra capacità, i nostri kilowatt di "potere del Budda". Si tratta di un tipo di equilibrio diverso, molto più dinamico.
«La fede si manifesta nella vita quotidiana - afferma ancora Ikeda - ed essa a sua volta è il palcoscenico sul quale dimostriamo la prova della fede. La vera vittoria, la vera felicità umana si conseguono con i nostri assidui, determinati e costanti sforzi quotidiani. Il corso della nostra vita, come quello del sole, può apparire monotono e abitudinario ma non c'è niente di più profondo delle nostre attività quotidiane. Ottenere una brillante vittoria nella nostra vita di tutti i giorni: questo è l'unico e vero significato di "vittoria nella fede"».
Una volta che abbiamo deciso di espandere la nostra capacità attraverso la rivoluzione umana e di conseguenza aumentare il nostro "potere di generare energia" scopriremo che "equilibrio" è solo un altro nome per "opportunità", l'opportunità di alimentare un flusso sempre maggiore di prova concreta e di felicità che scorre nella nostra esistenza quotidiana.
tratto da Living Buddhism
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