https://www.facebook.com/video.php?v=10152491820860443&set=vb.33220885442&type=2&theater "E questo buon anno lo voglio dedicare a tutte quelle persone
giudicate inutili,inadatte, non necessarie, superflue,problematiche,
sbagliate, difettate,…solo perché non
vestono, non pensano , non si comportano, non dicono e non fanno quello
che gli viene detto..solo perché hanno un solo capo..il loro istinto
solo perché se ne fregano di tutto il resto..se ne fregano che tutto sia
lucido e perfetto…a tutte quelle persone viste come diverse e strane e
per questo lasciate in un angolo nascosto così non fanno danno
Parlo
di tutte quelle persone che non si coprono mai quando arriva il vento
anzi cercano un appiglio per prenderlo e volare così dove hanno sempre
sognato...più in alto del cielo , un passo oltre l'immaginato ..Questo
buon anno lo voglio dedicare a chi non ci ha mai capito…forse è vero
siamo troppo silenziosi e fragili per questo mondo ma è il rumore dei
nostri sogni che lo tiene sveglio!!”
Voce, parole & musica: 4tu© cerca 4tu su youtube, spotify, itunes CD: ad est dei miei sogni Libro : 30 anni e più di adolescenza selvaggia 4tu.it
TI LEGGO IL FUTURO Amore-Lavoro- Benessere- Fortuna - e tutto quello che più ti sta a cuore scrivi a : loracolodelgiorno@gmail.com o tileggoilfuturo@gmail.com ; whatsapp 3518873710 https://www.facebook.com/tileggoilfuturo
Etichette
- 101 storie zen (24)
- angeli (11)
- chiromanzia (1)
- consigli (5)
- curiosità (5)
- Divinità (1)
- Gioco (37)
- legge dell'attrazione (1)
- LUNA (1)
- Misteri (5)
- ORACOLI (2)
- piante curative (6)
- Pietre (10)
- promozioni (1)
- Ricorrenze (8)
- Rituali (3)
- sibille (1)
- Sri Aurobindo (6)
- Storie sagge (25)
- Tarocchi (21)
- test (8)
- Transurfing (35)
- video cartomanzia (8)
mercoledì 31 dicembre 2014
domenica 28 dicembre 2014
sabato 27 dicembre 2014
BASTA CON I LAMENTI!
BASTA CON I LAMENTI!
di Greg Martin
Un flusso incessante di energia vitale è quello che determina l'equilibrio nella vita dinamico - e non statico - di cui parla il Buddismo. Rompere le barriere dei lamenti può essere il primo passo per riconoscere e apprezzare le immense potenzialità della vita.
Una pozza stagnante è in un certo senso in equilibrio statico, ma un simile specchio d'acqua diventa la dimora di insetti, malattie e putrefazione e ovviamente è tutt'altro che adatto a simboleggiare l'equilibrio dinamico che il Buddismo ricerca. Il Buddismo non ci esorta semplicemente a sviluppare una fede come l'acqua ma piuttosto una fede come l'acqua "che scorre".
Il vigoroso flusso di un fiume o di un torrente evoca l'immagine di acque pure e cristalline che alimentano il palpito della vita. Anche questo è equilibrio ma non è statico né stagnante. Per spingere oltre questa analogia pensiamo al potente flusso del fiume Colorado che erompe dal Gran Canyon. Una condizione vitale di questa potenza è senz'altro in grado di erodere anche il più ostinato degli impedimenti karmici. La Diga di Hoover imbriglia la potenza del Colorado: le sue turbine lo controllano per soddisfare i bisogni energetici di milioni di persone. Anche il Lago Mead, formato dalla diga, è in una condizione di equilibrio e la sua superficie non appare molto diversa da quella della nostra pozza stagnante eppure nel lago confluisce e defluisce continuamente il possente Colorado facendo sì che l'acqua si purifichi, mentre le turbine generano un'incredibile quantità di energia. Ragionare in termini di flusso, capacità e potere di generare energia può essere un buon modo di intendere l'equilibrio che cerchiamo di instaurare nella nostra vita.
«Se ci abbandoniamo all'indolenza mentale e spirituale - scrive il presidente della SGI Daisaku Ikeda nella sua Proposta di pace 2002 - scopriremo che la nostra condizione vitale sarà preda dell'energia negativa e distruttiva che caratterizza i mondi di Inferno, Avidità, Animalità e Collera. Per contro, l'incessante sforzo di rafforzare la mente e la volontà fa emergere l'energia positiva e piena di compassione dei mondi di Bodhisattva e Buddità. Quando la vita viene lucidata rivela il suo innato splendore e quando viene trascurata, diventa rapidamente sporca e opaca.
«È essenziale mantenere questa consapevolezza durante la battaglia interiore per risvegliare le forze del bene presenti dentro di noi. Questo incessante sforzo di lucidare la nostra vita ci dà l'energia per evitare il ristagno, cioè la tendenza a considerare la condizione presente come fissa e e immutabile. A quel punto possiamo esercitare la padronanza di sé che occorre per rispondere in maniera creativa ai problemi e alle opportunità peculiari di ciascun momento. È alimentando e acquisendo quest'abitudine alla lotta che le energie più positive e creative si stabilizzano come tendenza fondamentale della nostra vita, come base per le nostre attività vitali».
La lamentela esaurisce l'energia
Uno dei modi più sicuri per ostacolare il flusso dell'energia creativa è soccombere alla tendenza a lamentarsi. Un atteggiamento privo di apprezzamento e pieno di amarezza difficilmente contribuisce a creare un'esistenza equilibrata e creativa. Tempo fa incontrai un caro amico e compagno di fede che non vedevo da diverso tempo e vidi che indossava un distintivo con la scritta: «Basta lamentarsi!». Pensai che fosse una nobile intenzione e glielo comunicai. Mi rispose che vivere in quel modo era assai più difficile di quanto pensasse quando si era fatto fare la spilla. Anzi, a dire la verità, aggiunse, smettere di lamentarsi era in assoluto la cosa più difficile che avesse mai cercato di fare.
Per contro lamentarsi è la cosa più facile che ci sia. Non occorrono conoscenze astronomiche per trovare i difetti degli altri. Non ci vuole niente. Invece trovarne gli aspetti positivi è molto più difficile. Passare sopra ai difetti degli altri, apprezzarne le caratteristiche peculiari e lavorare insieme a loro per qualche scopo superiore è un'impresa estremamente ardua.
A parte le nobili motivazioni per le quali si dovrebbe resistere all'irrefrenabile impulso di lamentarsi, c'è una ragione assai più personale e pratica per farlo: impedire l'inutile sperpero della nostra buona fortuna.
Scrive Nichiren Daishonin ne I tre tipi di tesori: «Non andare in giro a lamentarti con altri di quanto ti sia difficile vivere in questo mondo. Un simile comportamento è del tutto sconveniente per un uomo saggio» (SND, 4, 177).
Il presidente Ikeda commenta così questa frase: «Se praticate con un atteggiamento lamentoso distruggete la vostra buona fortuna in maniera direttamente proporzionale a quanto vi lamentate. Le persone che hanno sempre da lamentarsi non sono rispettate dagli altri. È un comportamento che sia dal punto di vista secolare che dal punto di vista buddista, non si confà a una persona saggia e di valore». E dice anche: «Nel momento in cui cominciate a brontolare, a lamentarvi o a nutrire sentimenti negativi nei confronti dei vostri compagni di fede, decurtate immediatamente una porzione sostanziosa della buona fortuna che avete lavorato tanto per accumulare. Perciò, dal momento che state praticando, vi conviene molto di più farlo volentieri, con gioia e con senso di gratitudine».
Il mio amico ha portato la sua spilla per un anno. Poi l'ha levata perché non lamentarsi mai era veramente impossibile. Mi ha detto che non solo quello era stato l'anno più difficile della sua vita ma era stato anche il più produttivo rispetto al rafforzare le sue relazioni umane e ad aumentare il suo livello di benessere.
Adesso piuttosto che lavorare sull'eliminare il lamento sta cercando di far spazio a un maggiore senso di apprezzamento nella sua vita. Sia lui che io abbiamo scoperto che sforzarsi attivamente di apprezzare gli altri e fare volentieri le cose che facciamo genera un sacco di energia.
Trovare l'equilibrio
Nel marzo scorso ho partecipato a una riunione di domande e risposte con il capo del Dipartimento di studio della Soka Gakkai, Masaaki Morinaka, e uno dei partecipanti ha chiesto proprio come si può trovare il giusto equilibrio nella vita. Disse che lo desiderava davvero ma trovava difficile raggiungere tale equilibrio in mezzo alle difficili circostanze quotidiane dalle quali spesso si sentiva sopraffatto. Aveva l'impressione che il suo lavoro e le sue responsabilità familiari avessero la precedenza rispetto alla attività della SGI. Sua moglie non praticava il Buddismo e lui si sentiva spesso colpevole di non dedicare abbastanza tempo alla famiglia oppure all'attività.
Le ventiquattro ore quotidiane sono dense di vari impegni, tutti importanti dal punto di vista del Buddismo, che spesso sono semplicemente più del tempo che abbiamo a disposizione per svolgerli. Come si fa a trovare un equilibrio in mezzo a questa molteplicità di ruoli?
Sappiamo però anche che fede e lavoro non sono separati; occorre saggezza per trovare un equilibrio. Impegnarsi per kosen-rufu implica sforzarci al massimo in ogni area della nostra vita.
La sensazione di essere pressati deriva dal pensare che ci venga chiesto di sacrificare qualche aspetto della nostra vita a beneficio del Buddismo. Ma è un'idea sbagliata. Non ci viene chiesto di sacrificare proprio niente, sarebbe in totale contraddizione con il principio che "fede è uguale a vita quotidiana". Piuttosto l'impegno è nell'elevare la qualità della nostra vita, indipendentemente da dove impieghiamo il nostro tempo. Il nucleo fondamentale del nostro intento dovrebbe essere quello di mettere tutti noi stessi in ogni area della nostra vita.
Anche se tutti i membri della nostra famiglia praticassero, dovremmo forse trascurarli per partecipare soltanto alle attività per kosen-rufu? No, la fede significa dimostrare una prova concreta in ogni aspetto della nostra vita. L'aspetto più profondo della questione in realtà è la nostra mancanza di fiducia nel fatto che possiamo riuscire davvero a fare tutto. Il lamento sorge da questa sfiducia nella nostra capacità di vincere in ogni aspetto della nostra vita, dal non comprendere che le nostre vite sono dotate di capacità nobili, elevate e illimitate. Il lamento è il sintomo della mancanza di fede nelle nostre capacità. E l'antidoto a una vita avvelenata dal lamento è la preghiera buddista determinata a espandere tali capacità per fare tutto, e farlo bene.
I sentimenti amari davanti alle sfide della vita dovrebbero essere considerati un segnale della necessità di concentrare la fede e la pratica sul risveglio e l'espansione delle nostre reali capacità. La chiave è usare la fede in ogni aspetto della nostra vita, cosicché la nostra capacità si amplierà per riuscire a far fronte a ogni necessità e permetterci di investire il nostro pieno potenziale in ogni area. Non è questione di decidere quali siano le priorità.
Occorre tempo e sforzo per sviluppare la magnifica condizione vitale nella quale riusciamo a dedicarci completamente a ogni aspetto della nostra vita. Ma attraverso la nostra rivoluzione umana espandiamo la nostra vita per diventare assolutamente felici. Ciò significa generare l'energia necessaria a fare tutte le cose che dobbiamo fare aumentando la nostra capacità, i nostri kilowatt di "potere del Budda". Si tratta di un tipo di equilibrio diverso, molto più dinamico.
«La fede si manifesta nella vita quotidiana - afferma ancora Ikeda - ed essa a sua volta è il palcoscenico sul quale dimostriamo la prova della fede. La vera vittoria, la vera felicità umana si conseguono con i nostri assidui, determinati e costanti sforzi quotidiani. Il corso della nostra vita, come quello del sole, può apparire monotono e abitudinario ma non c'è niente di più profondo delle nostre attività quotidiane. Ottenere una brillante vittoria nella nostra vita di tutti i giorni: questo è l'unico e vero significato di "vittoria nella fede"».
Una volta che abbiamo deciso di espandere la nostra capacità attraverso la rivoluzione umana e di conseguenza aumentare il nostro "potere di generare energia" scopriremo che "equilibrio" è solo un altro nome per "opportunità", l'opportunità di alimentare un flusso sempre maggiore di prova concreta e di felicità che scorre nella nostra esistenza quotidiana.
tratto da Living Buddhism
di Greg Martin
Un flusso incessante di energia vitale è quello che determina l'equilibrio nella vita dinamico - e non statico - di cui parla il Buddismo. Rompere le barriere dei lamenti può essere il primo passo per riconoscere e apprezzare le immense potenzialità della vita.
Una pozza stagnante è in un certo senso in equilibrio statico, ma un simile specchio d'acqua diventa la dimora di insetti, malattie e putrefazione e ovviamente è tutt'altro che adatto a simboleggiare l'equilibrio dinamico che il Buddismo ricerca. Il Buddismo non ci esorta semplicemente a sviluppare una fede come l'acqua ma piuttosto una fede come l'acqua "che scorre".
Il vigoroso flusso di un fiume o di un torrente evoca l'immagine di acque pure e cristalline che alimentano il palpito della vita. Anche questo è equilibrio ma non è statico né stagnante. Per spingere oltre questa analogia pensiamo al potente flusso del fiume Colorado che erompe dal Gran Canyon. Una condizione vitale di questa potenza è senz'altro in grado di erodere anche il più ostinato degli impedimenti karmici. La Diga di Hoover imbriglia la potenza del Colorado: le sue turbine lo controllano per soddisfare i bisogni energetici di milioni di persone. Anche il Lago Mead, formato dalla diga, è in una condizione di equilibrio e la sua superficie non appare molto diversa da quella della nostra pozza stagnante eppure nel lago confluisce e defluisce continuamente il possente Colorado facendo sì che l'acqua si purifichi, mentre le turbine generano un'incredibile quantità di energia. Ragionare in termini di flusso, capacità e potere di generare energia può essere un buon modo di intendere l'equilibrio che cerchiamo di instaurare nella nostra vita.
«Se ci abbandoniamo all'indolenza mentale e spirituale - scrive il presidente della SGI Daisaku Ikeda nella sua Proposta di pace 2002 - scopriremo che la nostra condizione vitale sarà preda dell'energia negativa e distruttiva che caratterizza i mondi di Inferno, Avidità, Animalità e Collera. Per contro, l'incessante sforzo di rafforzare la mente e la volontà fa emergere l'energia positiva e piena di compassione dei mondi di Bodhisattva e Buddità. Quando la vita viene lucidata rivela il suo innato splendore e quando viene trascurata, diventa rapidamente sporca e opaca.
«È essenziale mantenere questa consapevolezza durante la battaglia interiore per risvegliare le forze del bene presenti dentro di noi. Questo incessante sforzo di lucidare la nostra vita ci dà l'energia per evitare il ristagno, cioè la tendenza a considerare la condizione presente come fissa e e immutabile. A quel punto possiamo esercitare la padronanza di sé che occorre per rispondere in maniera creativa ai problemi e alle opportunità peculiari di ciascun momento. È alimentando e acquisendo quest'abitudine alla lotta che le energie più positive e creative si stabilizzano come tendenza fondamentale della nostra vita, come base per le nostre attività vitali».
La lamentela esaurisce l'energia
Uno dei modi più sicuri per ostacolare il flusso dell'energia creativa è soccombere alla tendenza a lamentarsi. Un atteggiamento privo di apprezzamento e pieno di amarezza difficilmente contribuisce a creare un'esistenza equilibrata e creativa. Tempo fa incontrai un caro amico e compagno di fede che non vedevo da diverso tempo e vidi che indossava un distintivo con la scritta: «Basta lamentarsi!». Pensai che fosse una nobile intenzione e glielo comunicai. Mi rispose che vivere in quel modo era assai più difficile di quanto pensasse quando si era fatto fare la spilla. Anzi, a dire la verità, aggiunse, smettere di lamentarsi era in assoluto la cosa più difficile che avesse mai cercato di fare.
Per contro lamentarsi è la cosa più facile che ci sia. Non occorrono conoscenze astronomiche per trovare i difetti degli altri. Non ci vuole niente. Invece trovarne gli aspetti positivi è molto più difficile. Passare sopra ai difetti degli altri, apprezzarne le caratteristiche peculiari e lavorare insieme a loro per qualche scopo superiore è un'impresa estremamente ardua.
A parte le nobili motivazioni per le quali si dovrebbe resistere all'irrefrenabile impulso di lamentarsi, c'è una ragione assai più personale e pratica per farlo: impedire l'inutile sperpero della nostra buona fortuna.
Scrive Nichiren Daishonin ne I tre tipi di tesori: «Non andare in giro a lamentarti con altri di quanto ti sia difficile vivere in questo mondo. Un simile comportamento è del tutto sconveniente per un uomo saggio» (SND, 4, 177).
Il presidente Ikeda commenta così questa frase: «Se praticate con un atteggiamento lamentoso distruggete la vostra buona fortuna in maniera direttamente proporzionale a quanto vi lamentate. Le persone che hanno sempre da lamentarsi non sono rispettate dagli altri. È un comportamento che sia dal punto di vista secolare che dal punto di vista buddista, non si confà a una persona saggia e di valore». E dice anche: «Nel momento in cui cominciate a brontolare, a lamentarvi o a nutrire sentimenti negativi nei confronti dei vostri compagni di fede, decurtate immediatamente una porzione sostanziosa della buona fortuna che avete lavorato tanto per accumulare. Perciò, dal momento che state praticando, vi conviene molto di più farlo volentieri, con gioia e con senso di gratitudine».
Il mio amico ha portato la sua spilla per un anno. Poi l'ha levata perché non lamentarsi mai era veramente impossibile. Mi ha detto che non solo quello era stato l'anno più difficile della sua vita ma era stato anche il più produttivo rispetto al rafforzare le sue relazioni umane e ad aumentare il suo livello di benessere.
Adesso piuttosto che lavorare sull'eliminare il lamento sta cercando di far spazio a un maggiore senso di apprezzamento nella sua vita. Sia lui che io abbiamo scoperto che sforzarsi attivamente di apprezzare gli altri e fare volentieri le cose che facciamo genera un sacco di energia.
Trovare l'equilibrio
Nel marzo scorso ho partecipato a una riunione di domande e risposte con il capo del Dipartimento di studio della Soka Gakkai, Masaaki Morinaka, e uno dei partecipanti ha chiesto proprio come si può trovare il giusto equilibrio nella vita. Disse che lo desiderava davvero ma trovava difficile raggiungere tale equilibrio in mezzo alle difficili circostanze quotidiane dalle quali spesso si sentiva sopraffatto. Aveva l'impressione che il suo lavoro e le sue responsabilità familiari avessero la precedenza rispetto alla attività della SGI. Sua moglie non praticava il Buddismo e lui si sentiva spesso colpevole di non dedicare abbastanza tempo alla famiglia oppure all'attività.
Le ventiquattro ore quotidiane sono dense di vari impegni, tutti importanti dal punto di vista del Buddismo, che spesso sono semplicemente più del tempo che abbiamo a disposizione per svolgerli. Come si fa a trovare un equilibrio in mezzo a questa molteplicità di ruoli?
Sappiamo però anche che fede e lavoro non sono separati; occorre saggezza per trovare un equilibrio. Impegnarsi per kosen-rufu implica sforzarci al massimo in ogni area della nostra vita.
La sensazione di essere pressati deriva dal pensare che ci venga chiesto di sacrificare qualche aspetto della nostra vita a beneficio del Buddismo. Ma è un'idea sbagliata. Non ci viene chiesto di sacrificare proprio niente, sarebbe in totale contraddizione con il principio che "fede è uguale a vita quotidiana". Piuttosto l'impegno è nell'elevare la qualità della nostra vita, indipendentemente da dove impieghiamo il nostro tempo. Il nucleo fondamentale del nostro intento dovrebbe essere quello di mettere tutti noi stessi in ogni area della nostra vita.
Anche se tutti i membri della nostra famiglia praticassero, dovremmo forse trascurarli per partecipare soltanto alle attività per kosen-rufu? No, la fede significa dimostrare una prova concreta in ogni aspetto della nostra vita. L'aspetto più profondo della questione in realtà è la nostra mancanza di fiducia nel fatto che possiamo riuscire davvero a fare tutto. Il lamento sorge da questa sfiducia nella nostra capacità di vincere in ogni aspetto della nostra vita, dal non comprendere che le nostre vite sono dotate di capacità nobili, elevate e illimitate. Il lamento è il sintomo della mancanza di fede nelle nostre capacità. E l'antidoto a una vita avvelenata dal lamento è la preghiera buddista determinata a espandere tali capacità per fare tutto, e farlo bene.
I sentimenti amari davanti alle sfide della vita dovrebbero essere considerati un segnale della necessità di concentrare la fede e la pratica sul risveglio e l'espansione delle nostre reali capacità. La chiave è usare la fede in ogni aspetto della nostra vita, cosicché la nostra capacità si amplierà per riuscire a far fronte a ogni necessità e permetterci di investire il nostro pieno potenziale in ogni area. Non è questione di decidere quali siano le priorità.
Occorre tempo e sforzo per sviluppare la magnifica condizione vitale nella quale riusciamo a dedicarci completamente a ogni aspetto della nostra vita. Ma attraverso la nostra rivoluzione umana espandiamo la nostra vita per diventare assolutamente felici. Ciò significa generare l'energia necessaria a fare tutte le cose che dobbiamo fare aumentando la nostra capacità, i nostri kilowatt di "potere del Budda". Si tratta di un tipo di equilibrio diverso, molto più dinamico.
«La fede si manifesta nella vita quotidiana - afferma ancora Ikeda - ed essa a sua volta è il palcoscenico sul quale dimostriamo la prova della fede. La vera vittoria, la vera felicità umana si conseguono con i nostri assidui, determinati e costanti sforzi quotidiani. Il corso della nostra vita, come quello del sole, può apparire monotono e abitudinario ma non c'è niente di più profondo delle nostre attività quotidiane. Ottenere una brillante vittoria nella nostra vita di tutti i giorni: questo è l'unico e vero significato di "vittoria nella fede"».
Una volta che abbiamo deciso di espandere la nostra capacità attraverso la rivoluzione umana e di conseguenza aumentare il nostro "potere di generare energia" scopriremo che "equilibrio" è solo un altro nome per "opportunità", l'opportunità di alimentare un flusso sempre maggiore di prova concreta e di felicità che scorre nella nostra esistenza quotidiana.
tratto da Living Buddhism
venerdì 26 dicembre 2014
Santo Stefano
La celebrazione liturgica di s. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.
Così al 26 dicembre c’è s. Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 s. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i ss. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme; secoli addietro anche la celebrazione di s. Pietro e s. Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.
Del grande e veneratissimo martire s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”.
Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni; qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.
Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto questo compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla preghiera e al ministero.
La proposta fu accettata e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale.
Nell’espletamento di questo compito, Stefano pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.
E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”.
Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.
Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione.
In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.
Gli Atti degli Apostoli dicono che persone pie lo seppellirono, non lasciandolo in preda alle bestie selvagge, com’era consuetudine allora; mentre nella città di Gerusalemme si scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani, comandata da Saulo.
Tra la nascente Chiesa e la sinagoga ebraica, il distacco si fece sempre più evidente fino alla definitiva separazione; la Sinagoga si chiudeva in se stessa per difendere e portare avanti i propri valori tradizionali; la Chiesa, sempre più inserita nel mondo greco-romano, si espandeva iniziando la straordinaria opera di inculturazione del Vangelo.
Dopo la morte di Stefano, la storia delle sue reliquie entrò nella leggenda; il 3 dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano di Kefar-Gamba, ebbe in sogno l’apparizione di un venerabile vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con in mano una bacchetta d’oro con la quale lo toccò chiamandolo tre volte per nome.
Gli svelò che lui e i suoi compagni erano dispiaciuti perché sepolti senza onore, che volevano essere sistemati in un luogo più decoroso e dato un culto alle loro reliquie e certamente Dio avrebbe salvato il mondo destinato alla distruzione per i troppi peccati commessi dagli uomini.
Il prete Luciano domandò chi fosse e il vecchio rispose di essere il dotto Gamaliele che istruì s. Paolo, i compagni erano il protomartire s. Stefano che lui aveva seppellito nel suo giardino, san Nicodemo suo discepolo, seppellito accanto a s. Stefano e s. Abiba suo figlio seppellito vicino a Nicodemo; anche lui si trovava seppellito nel giardino vicino ai tre santi, come da suo desiderio testamentario.
Infine indicò il luogo della sepoltura collettiva; con l’accordo del vescovo di Gerusalemme, si iniziò lo scavo con il ritrovamento delle reliquie. La notizia destò stupore nel mondo cristiano, ormai in piena affermazione, dopo la libertà di culto sancita dall’imperatore Costantino un secolo prima.
Da qui iniziò la diffusione delle reliquie di s. Stefano per il mondo conosciuto di allora, una piccola parte fu lasciata al prete Luciano, che a sua volta le regalò a vari amici, il resto fu traslato il 26 dicembre 415 nella chiesa di Sion a Gerusalemme.
Molti miracoli avvennero con il solo toccarle, addirittura con la polvere della sua tomba; poi la maggior parte delle reliquie furono razziate dai crociati nel XIII secolo, cosicché ne arrivarono effettivamente parecchie in Europa, sebbene non si sia riusciti a identificarle dai tanti falsi proliferati nel tempo, a Venezia, Costantinopoli, Napoli, Besançon, Ancona, Ravenna, ma soprattutto a Roma, dove si pensi, nel XVIII secolo si veneravano il cranio nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, un braccio a S. Ivo alla Sapienza, un secondo braccio a S. Luigi dei Francesi, un terzo braccio a Santa Cecilia; inoltre quasi un corpo intero nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura.
La proliferazione delle reliquie, testimonia il grande culto tributato in tutta la cristianità al protomartire santo Stefano, già veneratissimo prima ancora del ritrovamento delle reliquie nel 415.
Chiese, basiliche e cappelle in suo onore sorsero dappertutto, solo a Roma se ne contavano una trentina, delle quali la più celebre è quella di S. Stefano Rotondo al Celio, costruita nel V secolo da papa Simplicio.
Ancora oggi in Italia vi sono ben 14 Comuni che portano il suo nome; nell’arte è stato sempre raffigurato indossando la ‘dalmatica’ la veste liturgica dei diaconi; suo attributo sono le pietre della lapidazione, per questo è invocato contro il mal di pietra, cioè i calcoli ed è il patrono dei tagliapietre e muratori.
Autore: Antonio Borrelli
martedì 23 dicembre 2014
I Tarocchi non decidono il futuro...
I Tarocchi sono un mezzo straordinario per far chiarezza su noi stessi. Non decidono il tuo futuro. Sarai sempre tu a sceglierlo. I Tarocchi possono consigliare cosa sarà del tuo futuro in base a delle scelte che tu potresti fare o non fare. C'è sempre il libero arbitrio, la tua persona, il tuo carattere, le tue influenze. I tarocchi scavano
in profondità facendo emergere situazioni o fattori del tuo carattere che non vuoi vedere, o che non vuoi ascoltare. I Tarocchi ti aiutano a capire meglio chi sei, ma sei tu a decidere, non posso intervenire sul tuo libero arbitrio. Da una lettura delle carte si vede il presente la situazione attuale e il tuo modo di pensare relativamente a quell'evento particolare della tua vita. Nessuno decide per te. Tu puoi solo accettare o non accettare dei consigli che tramite i Tarocchi ti vengono forniti . Spesso non accettiamo o neghiamo l'esito che esce dalle Carte, questo perchè vogliamo continuare a non vedere, a non scegliere e a non decidere riguardo ad una situazione. Il cambiamento ci fa paura, anche se stiamo soffrendo. I
Tarocchi non decideranno mai per te, ma potranno aiutarti a far chiarezza così che tu possa prendere una decisione che sarà comunque sempre e solo tua, giusta o sbagliata che sia....
-Francesca - https://www.facebook.com/tileggoilfuturo
-Francesca - https://www.facebook.com/tileggoilfuturo
domenica 21 dicembre 2014
Solstizio d'Inverno
Nel nostro emisfero, quello boreale, la declinazione raggiunge il valore massimo positivo in corrisponda del solstizio d'estate, mentre raggiunge il massimo negativo nel solstizio d'inverno. Tuttavia l'orario preciso in cui tale fenomeni si verifica ritarda di anno in anno di circa 6 ore, per poi ritornare in dietro negli anni bisestile, ed è per questo che il Solstizio d'inverno può cadere tra il 21 ed il 22 Dicembre. Quest'anno si verificherà il 22 Dicembre alle ore 00:03 UTC ( 01:03 italiane ).
Contrariamente a quanto si pensi non è stato Santa Lucia (il 13) il giorno più corto dell'anno. In realtà in prossimità del 13 dicembre si è verificato il periodo in cui il Sole è tramontato più presto: per le prime due settimane di dicembre l'orario del tramonto si mantiene quasi costante, tra le 16.41 e le 16.42. Il giorno più breve dell'anno in realtà coincide proprio oggi, quando il Sole tramonta un po' più tardi, circa 3 minuti dopo, alle 16.44, ma anche il suo sorgere è ritardato di alcuni minuti, avendo luogo alle 7.36 (il 13 dicembre sorge alle 7.31): in definitiva, il Sole resta sopra l'orizzonte circa 2 minuti in meno rispetto al giorno 13. Quindi in effetti il giorno più corto dell'anno è il 21 dicembre!!!
Data importante per molti popoli...Non dimentichiamo, inoltre, che quell’avvenimento iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, ad esempio presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Esso, inoltre, ispirò il “frammento 66” dell’opera di Eraclito di Efeso (560/480 a.C) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da Virgilio (VI° libro dell’Eneide). Quello stesso fenomeno, fu invariabilmente atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”); i Germani, “Yulè” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”); i Finnici “July” (“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”).
Per molti il Solstizio d'Inverno è il passaggio dalle Tenebre alla Luce, è da questo giorno che il sole resta progressivamente sempre più a lungo nel cielo allungando così le nostre giornate. Questa è una festa di luce, dai profondi messaggi iniziatici ed esoterici legati al risveglio interiore.
Secondo la tradizione le porte Sostiziali sono controllate dai due Giovanni; il Battista al solstizio estivo e l'Evangelista a quello invernale. Il solstizio stesso è chiamato "la porta", un tempo custodita dal guardiano Giano Bifronte (con l'avvento del cristianesimo il romano Giano dai due volti ha ceduto il posto ai due Giovanni) che sono il simbolo di una contemporanea esistenza di due dimensioni, che durante i solstizi si congiungono e le porte sono aperte ed è permesso il varco.
Nelle tradizioni germanica e celtica precristiana, Yule era la festa del solstizio d'inverno. L'etimologia della parola "Yule" (Jól) non è chiara. È diffusa (ma probabilmente errata) l'idea che derivi dal norreno Hjól ("ruota"), con riferimento al fatto che, nel solstizio d'inverno, la "ruota dell'anno si trova al suo estremo inferiore e inizia a risalire". I linguisti suggeriscono invece che Jól sia stata ereditata dalle lingue germaniche da un substrato linguistico pre-indoeuropeo. Nei linguaggi scandinavi, il termine Jul ha entrambi i significati di Yule e di Natale, e viene talvolta usato anche per indicare altre festività di dicembre. Il termine si è diffuso anche nelle lingue finniche (e indica il Natale), sebbene tali lingue non siano di ceppo germanico.
Un simbolo solstiziale è il Vischio, pianta sacra per i DRUIDI, che veniva recisa dall'albero su cui nasceva seguendo di una solenne cerimonia. La raccolta del vischio avveniva specialmente in due momenti particolari dell'anno: a Samhain e nel Giorno di San Giovanni. Il Vischio era considerato la panacea per tutti i mali. Essa e' una pianta parassita che affonda le sue radici nell'altrui forza, non tocca terra e veniva considerata una emanazione divina. Gli antichi la chiamavano anche "scopa del fulmine", pensavano che nascesse quando a folgore colpiva un albero. Per rispetto a questa sua natura divina i DRUIDI lo tagliavano usando rispettosamente un falcetto d'oro. E' ben augurale per l'anno che viene, averne un ramoscello nelle case.
venerdì 19 dicembre 2014
martedì 16 dicembre 2014
Un giovane discepolo andò dal saggio e gli disse: “Come si fa ad imparare ad amare?”
“Beh”, rispose il saggio, “potresti iniziare a mettere in pratica queste regole:
1) Non dare mai un’immagine falsa di se stessi.
2) Dire sempre di sì, quando è sì, e no, quando è no.
3) Mantenere la parola data, anche e soprattutto se costa.
4) Guardare gli altri ad occhi aperti, cercando di conoscere i pregi e i difetti.
5) Accogliere degli altri non solo i pregi ma anche i difetti e viceversa.
6) Esercitarsi a perdonare.
7) Dare agli altri il meglio di se stessi, senza nascondere loro i propri difetti.
8 ) Riprendere il rapporto con gli altri anche dopo delusioni e tradimenti.
9) Imparare a chiedere scusa, quando ci si accorge di aver sbagliato.
10) Condividere gli amici, vincendo la gelosia.
11) Evitare amicizie chiuse e possessive.
12) Dare agli altri anche quando gli altri non possono darci niente.”
Il discepolo con uno sguardo perplesso disse:
“Sono regole belle ma difficili da vivere!”
“Perché, chi ti ha detto che amare è facile?”, rispose il saggio.
“Non esiste l’amore facile, non esiste l’amore a buon mercato”.
Tutti cercano l’amore ma pochi sono disposti a pagarne il prezzo: il sacrificio!
“Quando potrò dire a me stesso di aver imparato ad amare?” disse il discepolo.
“Mai. Perché la misura dell’amore è amare senza misura.” Rispose il saggio
“Beh”, rispose il saggio, “potresti iniziare a mettere in pratica queste regole:
1) Non dare mai un’immagine falsa di se stessi.
2) Dire sempre di sì, quando è sì, e no, quando è no.
3) Mantenere la parola data, anche e soprattutto se costa.
4) Guardare gli altri ad occhi aperti, cercando di conoscere i pregi e i difetti.
5) Accogliere degli altri non solo i pregi ma anche i difetti e viceversa.
6) Esercitarsi a perdonare.
7) Dare agli altri il meglio di se stessi, senza nascondere loro i propri difetti.
8 ) Riprendere il rapporto con gli altri anche dopo delusioni e tradimenti.
9) Imparare a chiedere scusa, quando ci si accorge di aver sbagliato.
10) Condividere gli amici, vincendo la gelosia.
11) Evitare amicizie chiuse e possessive.
12) Dare agli altri anche quando gli altri non possono darci niente.”
Il discepolo con uno sguardo perplesso disse:
“Sono regole belle ma difficili da vivere!”
“Perché, chi ti ha detto che amare è facile?”, rispose il saggio.
“Non esiste l’amore facile, non esiste l’amore a buon mercato”.
Tutti cercano l’amore ma pochi sono disposti a pagarne il prezzo: il sacrificio!
“Quando potrò dire a me stesso di aver imparato ad amare?” disse il discepolo.
“Mai. Perché la misura dell’amore è amare senza misura.” Rispose il saggio
Un uomo senza una donna non è nulla, ma
nemmeno una donna senza un uomo è molto meglio. Separati siamo esseri
incompleti alla ricerca di qualcosa che non troviamo; uniti, il vero
uomo e la vera donna sono una forza. La vera donna non ha bisogno
di competere con un uomo; è un essere dotato di qualità specifiche che è
assurdo paragonare a quelle maschili. La donna in comunione, in
cooperazione assoluta con il suo uomo, intraprende il cammino
dell’amore, della verità, del rispetto delle leggi universali. Una vera
donna cammina verso il futuro con amore, con dedicazione e accettazione.
Ha uno sguardo sereno e parla con dolcezza e rispetto; c’è tenerezza
nel suo cuore. La sua energia è costituita da vibrazioni più sottili che
elevano a un livello più spirituale. Per questo ancor oggi si dice: “la
donna apre all’uomo la porta dell’eternità; la vera donna è una semi
dea, figlia della Pachamama, della Grande Madre Cosmica, fonte di vita
eterna”. E così lei è il cammino verso l’eternità, la strada che
permette di fondersi con l’infinito per imparare a comprendere e a
realizzarsi nella vita."
(H.H. Mamani)
(H.H. Mamani)
sabato 13 dicembre 2014
"Cosa voglio dalla vita?"
Amplia la sfera dei tuoi interessi,
non preoccuparti, e osserva,
presta attenzione allo stato di benessere dell'anima.
Prima o poi riceverai qualche segno che ti farà letteralmente palpitare il cuore.
"Questo si che mi piace!".
Ora la vita si trasformerà in una festa.
L'anima e la ragione ora camminano a braccetto lungo la strada bella e dritta che porta alla felicità , che è qui e ora.
-transurfing-
Amplia la sfera dei tuoi interessi,
non preoccuparti, e osserva,
presta attenzione allo stato di benessere dell'anima.
Prima o poi riceverai qualche segno che ti farà letteralmente palpitare il cuore.
"Questo si che mi piace!".
Ora la vita si trasformerà in una festa.
L'anima e la ragione ora camminano a braccetto lungo la strada bella e dritta che porta alla felicità , che è qui e ora.
-transurfing-
venerdì 12 dicembre 2014
"L’amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L’amore
maturo segue il principio: sono amato perché amo. L’amore immaturo
dice: ti amo perché ho bisogno di te.
L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo."
Erich Fromm, L'arte di amare, 1956 -
L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo."
Erich Fromm, L'arte di amare, 1956 -
giovedì 11 dicembre 2014
20. Il consiglio di una madre - 101 storie zen
20. Il consiglio di una madre
Jiun, un maestro di Shingon, era un rinomato studioso di sanscrito dell'era Tokugawa, da giovane faceva conferenze ai suoi confratelli studenti.Sua madre lo seppe e gli scrisse una lettera: «Non credo, figlio, che tu sia diventato un seguace del Buddha per il desiderio di trasformarti in un'enciclopedia ambulante per gli altri. Informazione e commento, gloria e onore non hanno mai fine. Vorrei che tu smettessi questa storia delle conferenze. Chiuditi in un piccolo tempio in qualche luogo remoto sulla montagna. Dedica il tuo tempo a meditare e raggiungi così la vera realizzazione di te stesso».
Apriti a più possibilità. La via non è una sola, non c'è solo quello a cui credi tu, ma anche ciò a cui credono migliaia di altri Esseri.
Non dare sempre per scontato di essere nel giusto, o che lo sia qualcun altro. Le verità sono tante, tante quanti gli Esseri viventi. Non intestardirti solo per orgoglio o caparbietà. Lasciati sempre una seconda possibilità
_ gli aforismi di Francesca_
Non dare sempre per scontato di essere nel giusto, o che lo sia qualcun altro. Le verità sono tante, tante quanti gli Esseri viventi. Non intestardirti solo per orgoglio o caparbietà. Lasciati sempre una seconda possibilità
_ gli aforismi di Francesca_
mercoledì 10 dicembre 2014
19. Il Primo Principio - 101 storie zen
19. Il Primo Principio
Quando uno va nel tempio Obaku a Kyoto, vede scolpite sulla porta le parole «Il Primo Principio». Le lettere sono eccezionalmente grandi, e quelli che apprezzano la calligrafia non mancano mai di ammirarle come un capolavoro. Furono tracciate da Kosen duecento anni or sono.Il maestro le disegnò sulla carta, e poi gli operai ne fecero la scultura ingrandita in legno. Mentre Kosen disegnava le lettere, con lui c'era un allievo impertinente che aveva preparato parecchi galloni di inchiostro per il lavoro calligrafico e che non si peritava di criticare l'opera del suo maestro.
«Questo non va» disse a Kosen dopo il primo tentativo.
«Come va questo?».
«Brutto. Peggio dell'altro» sentenziò l'allievo.
Pazientemente Kosen riempì fogli e fogli sino a mettere insieme ottantaquattro Primi Princìpi, senza peraltro ottenere l'approvazione dell'allievo.
Poi, quando il giovanotto uscì per qualche minuto, Kosen pensò: «Ora mi si offre la possibilità di sfuggire al suo occhio acuto», e in tutta fretta, con la mente libera da altri pensieri, scrisse: «Il Primo Principio».
«Un capolavoro» sentenziò l'allievo.
18. Una parabola - 101 storie zen
18. Una parabola
In un sutra, Buddha raccontò una parabola: Un uomo che camminava per un campo si imbatté in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto a un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l'orlo. La tigre lo fiutava dall'alto. Tremando, l'uomo guardò giù, dove, in fondo all'abisso, un'altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L'uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l'altra spiccò la fragola. Com'era dolce!sabato 6 dicembre 2014
giovedì 4 dicembre 2014
Fino a che la vostra attenzione sarà occupata dalla informazioni che
provengono dall'esterno non avrete mai la realtà che volete.
Per prima cosa dovete trovare un fine vostro e ripetervi:
"Il mio progetto aumenta il mio benessere…
Va tutto esattamente come desidero io! Le cose sono esattamente come le ho pensate io!"
Se questo diventerà un'abitudine vi trasformerete da ricevitori in trasmettitori
( transurfing)
Per prima cosa dovete trovare un fine vostro e ripetervi:
"Il mio progetto aumenta il mio benessere…
Va tutto esattamente come desidero io! Le cose sono esattamente come le ho pensate io!"
Se questo diventerà un'abitudine vi trasformerete da ricevitori in trasmettitori
( transurfing)
mercoledì 3 dicembre 2014
L'amore è incondizionato.
La paura è piena di condizioni. Sul sentiero della paura, ti amo solo se ti lasci controllare da me, se sei buono con me, se ti adatti all'immagine che mi sono fatto di te. Creo un'immagine di come dovresti essere, e poichè non sarai mai così, ti giudico e ti trovo colpevole. Sul sentiero dell'amore, non ci sono sè. Non ci sono condizioni. Ti amo senza nessun motivo, senza giustificazioni. Ti amo così come sei. Se non mi piaci come sei, è meglio che mi trovi qualcun altro. Non abbiamo il diritto di cambiare gli altri, e nessuno ha il diritto di cambiare noi. Se cambiamo sarà soltanto perchè siamo noi a volerlo. (Don Miguel Ruiz)
La paura è piena di condizioni. Sul sentiero della paura, ti amo solo se ti lasci controllare da me, se sei buono con me, se ti adatti all'immagine che mi sono fatto di te. Creo un'immagine di come dovresti essere, e poichè non sarai mai così, ti giudico e ti trovo colpevole. Sul sentiero dell'amore, non ci sono sè. Non ci sono condizioni. Ti amo senza nessun motivo, senza giustificazioni. Ti amo così come sei. Se non mi piaci come sei, è meglio che mi trovi qualcun altro. Non abbiamo il diritto di cambiare gli altri, e nessuno ha il diritto di cambiare noi. Se cambiamo sarà soltanto perchè siamo noi a volerlo. (Don Miguel Ruiz)
Nascono legami che vanno al di là del contatto
fisico, della vicinanza e della vista. Percorrono strade invisibili,
fino ad arrivare nella testa.
Si diramano in tante viuzze chiamate: comprensione, ascolto, telepatia, empatia, appartenenza. Coinvolgono talmente tanto da riuscire ad appagare ogni mancanza tangibile.
(Izumi Matsumoto)
Si diramano in tante viuzze chiamate: comprensione, ascolto, telepatia, empatia, appartenenza. Coinvolgono talmente tanto da riuscire ad appagare ogni mancanza tangibile.
(Izumi Matsumoto)
Spesso le persone sostengono che gli umani
hanno sempre mangiato animali, come se questo giustificasse la
continuazione della pratica. Secondo questa logica, non dovremmo neppure
impedire l'omicidio, perché anch'esso è sempre stato praticato
dall'inizio dei tempi.
(Isaac Bashevis Singer - Premio Nobel per la Letteratura , Ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, vegetariano)
(Isaac Bashevis Singer - Premio Nobel per la Letteratura , Ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, vegetariano)
SE VUOI UN CONSULTO CON I TAROCCHI...
Se
vuoi un consulto approfondito con i Tarocchi, ma anche un consiglio su
come fare a risolvere una situazione che ti sta a cuore, scrivimi un
messaggio in privato. Ne parleremo insieme e troveremo con l'aiuto della
lettura delle Carte, le giuste soluzioni per te!!
Ti aspetto
https://www.facebook.com/ tileggoilfuturo
Ti aspetto
https://www.facebook.com/
martedì 2 dicembre 2014
I TAROCCHI COME TRAMITE PER UNA MAGGIOR CONOSCENZA INTERIORE
I TAROCCHI COME TRAMITE PER UNA VITA MIGLIORE
I Tarocchi ci danno la possibilità di entrare in contatto con il nostro subconscio. Subconscio nel quale risiedono delle risposte per noi difficili da tirar fuori o da comprendere o accettare. Tramite L'Operatore il consultante può comprendere e quindi risolvere molti dei suoi problemi e dubbi.
I Tarocchi quindi sono una vera e propria terapia per comunicare con il subconscio e scoprire così le esigenze dell’anima e della propria vita per poter trovare una via d'uscita.
Con I tarocchi possiamo scoprire :
Chi Siamo, CosaVogliamo, Come fare per Risolvere un nostro dubbio o problema, Come Relazionarci con le persone a noi più care, Trovare la Giusta Via e capire Dove siamo diretti.……
Attravero i Tarocchi, possiamo scoprire la nostra interiorità e mettere in pratica alcuni semplici consigli che i Tarocchi stessi ci forniscono, per riuscire ad avere una vita più felice e una maggiore capevolezza dei nostri limiti.
Ovviamnete tutto sta anche nella capacità, nella conoscenza, e nella bravura dell'Operatore nell'interpretare i Tarocchi, ma anche nella conoscenza dell'Operatore dell'Animo Umano e nella capacità di entrre subito in sintonia e in contatto con il Consultante, che deve essere a sua volta aperto ad accogliere questa Arte Divinatoria senza pregiudizio e con la giusta predisposizione d'animo e fiducia
-FRANCESCA-
TI LEGGO IL FUTURO utilizzando i magnifici Tarocchi Rider Waite scrivi a : tileggoilfuturo@gmail.com Amore-Lavoro- Benessere- Fortuna - e tutto quello che più ti sta a cuore tileggoilfuturo@gmail.com
lunedì 1 dicembre 2014
BUONO REGALO per NATALE
PER NATALE REGALA UN BUONO PER UN CONSULTO COMPLETO CON I TAROCCHI!!
FAI UN REGALO UTILE , ECONOMICO ED ORIGINALE!
SCRIVETEMI UN MESSAGGIO PER LE INFORMAZIONI
tileggoilfuturo@gmail.com
Iscriviti a:
Post (Atom)